Venerdì ho perso il lavoro. Il contratto che ho fino al 31 dicembre non mi verrà riconfermato e dal primo gennaio sarò con ogni probabilità disoccupata. Mi consola e mi inquieta essere in buona compagnia: una buona parte dei giovani e meno giovani italiani si trova nella mia stessa situazione, nonchè almeno un paio dei miei più cari amici.
Mi faccio domande sul mio futuro. Non che non me ne sia mai fatte, ma mai come in questo momento mi risulta difficile programmare, anche a breve termine. Cosa farò da qui a un anno? Continuerò a fare il lavoro che ho sempre fatto e che mi piace, o sarò costretta a ridimensionare le mie ambizioni? Riuscirò mai a fare un figlio, progetto che non è tra le mie priorità al momento, ma che a forza di procrastinare potrei abbandonare per sempre?
Dall'altra parte del mondo, Ed Droste si fa le mie stesse domande.
I Grizzly Bear sono il gruppo del momento: da un paio di settimane è uscito il loro quarto album, Shields, che è stato accolto molto calorosamente da pubblico e critica e ha raggiunto il settimo posto della US chart. Anche in Italia è entrato in classifica, al numero 93, ma è un risultato veramente ragguardevole se pensiamo che stiamo parlando dell'Italia! Hanno 33 date programmate in giro per il mondo da New York alla Nuova Zelanda fino a fine novembre, molte delle quali, sono convinta, andranno sold out. E questo non è il loro primo successo commerciale, infatti nel 2008 avevano aperto per i Radiohead, poi con Veckatimest erano arrivati al numero 8 della classifica americana e il loro singolo Two weeks era stato usato dalla Wolkswagen per una pubblicità. Ora vanno in TV, girano video, rilasciano interviste …
Sembra quindi incredibile pensare che abbiano i miei (i nostri) stessi problemi, ma è proprio leggendo una di queste interviste che ho scoperto che anche Ed Droste non ha certezze per il futuro. Nonostante il "successo" (che ok, è comunque un successo indie, ma che pur sempre gli fa girare il mondo e riempire i più importanti teatri) i Grizzly Bear non stanno facendo tanti soldi. Tolte le spese di registrazione del disco, le spese per il tour manager, l'avvocato, la pubblicità, l'agente, il merchandising e via dicendo, non gli rimane un granchè. Certo, dice Droste, "sopravviviamo, ma viviamo ancora nelle stesse case in cui vivevamo prima di Yellow House (il loro primo album, ndr) e, insomma, non ci possiamo certo permettere un jet privato!"
Proprio l'uso di questa parola, "sopravvivere", mi fa sentire così vicina ai Grizzly Bear, perchè è la stessa che userei se dovessi descrivere il tenore di vita che il mio lavoro (che tra l'altro, ricordo, avrò ancora per poco) mi permette di avere. Solo che invece di manager, avvocato ecc le mie voci di spesa sono mutuo, luce, gas, cellulare, e non ultimo hosting del sito che state leggendo. Anzi, per certi versi loro stanno messi peggio di me, perchè non tutti hanno la copertura sanitaria e almeno invece io non devo fare niente per averla.
"Un giorno mi piacerebbe avere una casa di proprietà, e magari anche dei bambini, e riuscire a mandarli a scuola in un ambiente urbano in cui sia piacevole e sicuro vivere", continua Ed. "Un sacco di gente ci riesce. Ma farlo con la muisca è più difficile che farlo se sei un avvovato." (Sante parole, abbiamo entrambi sbagliato professione!) Spiega che non continua a fare il musicista perchè crede che possa essere un'ipoteca per il futuro, ma solo perchè ama questo lavoro, e nonostante le difficoltà, non ha intenzione di lasciarlo. Si consola con il pensiero che "a meno che tu non sia Lana Del Rey, nessuno fa davvero i soldi con la musica, quindi ti conviene farlo perchè ti piace".
E questa frase dice tante cose. Ed e io facciamo parte di quella generazione che vuole fare ciò che gli piace. Poco importa che lui sia un musicista di Brooklyn e io un'impiegata di Sarmeola di Rubano, il fatto è che ci troviamo di fronte allo stesso mondo che dà poco valore economico a ciò che ci piace fare, e che vogliamo continuare a fare. Non si tratta di essere egoisti o immaturi, come molti delle generazioni più vecchie ci accusano. Si tratta solo di dare valore reale e non solo economico alle nostre vite.
Ieri sera uscita dall'ufficio sono andata in uno dei due negozi di dischi rimasti in città, decisa a comprare Shields, a mo' di buon auspicio per le sorti mie e di Ed, compagni di sventura. Non l'ho trovato, allora sono andata nell'altro negozio. Non l'ho trovato neanche lì. Spero solo che non sia un segno del destino.
Sopra: foto di Guus Krol