I primi tre dischi di questa settimana sono in uscita il 15 ottobre, tutti gli altri il 16.
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[space height=”10″]Bat for Lashes: The Haunted Man
Cosa dire di questo lavoro se non che è uno degli album più attesi di quest’anno? Natasha Khan si è costruita un’ottima reputazione riportando in voga il genere di cantautrice misticheggiante e un po’ fricchettona tipico degli anni ’90, ma con doti compositive indiscusse e una voce veramente unica: ora è attesa alla prova di un terzo disco che, ad ascoltare le numerose anticipazioni dei giorni scorsi, dovrebbe essere quella della consacrazione. A me il suo essere gioiosamente pretenziosa e inclassificabile la rende simpatica, quindi sono più che ben disposto a darle il massimo della gradazione alcolica, in attesa di vederla dal vivo.
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[space height=”10″]Godspeed You! Black Emperor: Allelujah! Don’t Bend! Ascend!
Altro discone, questa volta annunciato quasi a sorpresa solo 15 giorni fa: abbiamo già ascoltato il ritorno di questi giganti del post rock dopo dieci anni di silenzio, e non ci sembra affatto male. Astenersi come al solito chi si aspetta pop song e chi non ha la pazienza di ascoltare brani da 20 minuti, ma tutti gli altri sappiano che vanno incontro ad un’esperienza unica…
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[space height=”10″]?Alos: Endimione
Qui c’è una storia divertente da raccontare: alcuni anni fa partii per andare a vedere i Dodos in un locale molto lontano da casa mia, in un giorno feriale; arrivato sul posto mi dovetti sorbire per più di due ore una serie pressoché infinita di gruppi spalla, tra cui la signorina Alos autrice di questo disco. Fu una delle esperienze musicali più allucinanti della mia vita: una rastona incapace di suonare o cantare “intrattenne” per due ore il pubblico con power chord in stile black metal, ruggiti gutturali, inquietanti momenti di possessione in cui squittiva come una bambina e teatrini dell’assurdo in cui offrì il tè ai (pochi) membri del pubblico che non era ancora scappati fuori. Ancora ricordo con terrore il momento in cui la pazza si diresse verso di me strofinando i lunghi rasta per terra, a pochi centimetri dalla mia gamba. Secondo voi come lo vedo questo nuovo disco?
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[space height=”10″]Benjamin Gibbard: Former Lives
Il nostro Ben torna con un album solista pieno zeppo di riferimenti al suo recente divorzio da una famosa attrice beniamina della scena indie: al di là del gossip il disco l’ho ascoltato e non mi sembra affatto male, tutto carinerie indie e ballate dolceamare. Certo, non cambierà il mondo, ma chi si era mai aspettato qualcosa di più dal leader dei Death Cab?
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[space height=”10″]Daphni: JIAOLONG
Vorrei fortemente credere di più in questo side-project di Dan Snaith dei Caribou, ma nonostante l’immensa stima che provo per lui, penso che non ci solleveremo da un esercizio di stile piuttosto freddo e concettuale: con il nuovo moniker Dan prova a fornirci la sua personale visione di una “dance intelligente”, che però, oltre ad essere un ossimoro mica male, non è esattamente la direzione in cui vorremmo vederlo andare nel futuro. Però magari sono io ad avere un calo di fiducia e poi in realtà è bellissimo, quindi sospendo furbamente il giudizio…
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[space height=”10″]Jason Lytle: Dept. of Disappearance
Dopo un reunion tour con i suoi Grandaddy che praticamente non si è filato quasi nessuno, Jason torna a deliziarci con le sue ballate da Neil Young futuribile. Pur non arrivando ai livelli della sua band principale, avevo apprezzato l’esordio di qualche anno fa, quindi non ho alcun motivo per dubitare di questo nuovo album, a parte la terribile copertina in stile “cantiere sulle Dolomiti”. Ma si sa, l’artwork non è mai stato il suo forte…
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[space height=”10″]Patrick Wolf: Sundark and Riverlight
Non mi sono mai filato molto questo cantautore, che invece ha estimatori pronti a strapparsi le vesti e giurare sulle sue grandi doti: di lui mi ricordo solo un album dal titolo The Magic Position con un’ambigua copertina, mentre questo dovrebbe essere una specie di best of riletto in chiave acustica. Non proprio la migliore delle idee, visto che pare un tentativo bello e buono di lucrare proprio su quei fan che stravedono per lui e sarebbero pronti a comprarsi qualsiasi cosa. Per quanto riguarda le sue doti artistiche, invece, facciamo che lo ignoro fino alll’uscita del prossimo album?
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[space height=”10″]Pinback: Information Retrieved
Ero pronto ad aprire il martini per questo album, ma poi uno dei nostri corrispondenti l’ha ascoltato e ne ha scritto peste e corna, quindi ora l’entusiasmo si è un po’ raffreddato. I Pinback sono bravi e hanno scritto grandi dischi dell’indie rock americano, ma l'impressione è che i tanti progetti paralleli li abbiano distratti questa volta dal produrre un’opera coerente con il loro catalogo. La copertina è stupenda, ma ho idea che questa volta non me la caverò così facilmente, e dovrò pure ascoltarlo con attenzione…
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[space height=”10″]Times New Viking: Over & Over (EP)
Questo simpatico trio dell’Ohio ha prodotto alcuni dei dischi peggio registrati nella storia della discografia, e ne va fiero: non per niente qualche anno fa definivano il loro genere shit gaze! Col passare degli anni hanno iniziato a non pubblicare più i loro demo registrati in un garage, ma lo spirito rimane quello: grandi canzoni pop nascoste da strati e strati di fruscio e rumore. Come si fa a non amarli?
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[space height=”10″]Ben Harper: By My Side
Uno degli artisti più fuffa nella storia: partito come semi-rivoluzionario folk impegnato e incazzato, con gli anni ha smussato completamente gli angoli della sua proposta musicale per piacere al grande pubblico ed è avviato verso una vecchiaia che lo vedrà come una specie di Sting nero assolutamente inoffensivo. E cosa fa uno quando è diventato un emulo di Sting? Pubblica una bella raccolta per celebrare la sua parabola artistica, giusto in tempo per le festività natalizie! Aveva pure sposato quella gran donna di Laura Dern e l’ha lasciata, mah…