Sesto attesissimo album per la band dell'Ohio, ma l’ingrediente principale e' sempre lo stesso: la classe innata.8/10Uscita: 21 maggio 2013 4AD Records Compralo su Amazon: Audio CD | Vinile |
Dopo la notorietà ottenuta con Alligator nel 2005 e la fama internazionale arrivata con Boxer (2007) e High Violet (2010), la pubblicazione del sesto album dei The National giunge portando con sè una grandissima attesa da parte di fan e critica, con alcuni dei soliti cultori della nostalgia e dell’“eranomeglioprimadidiventarefamosi”, già pronti a puntare il dito sulla band dell’Ohio alla minima avvisaglia di adagiamento sugli allori passati.
A spazzar via qualsiasi dubbio arriva Trouble Will Find Me, tredici “fun songs about death” (come le ha definite lo stesso cantante Matt Berninger) nelle quali il quintetto non usa alcun effetto speciale per rispondere ai detrattori ma semplicemente la sua arma invincibile: la classe innata. L’impressione che questo album dà fin dal primo ascolto è quella che Berninger e soci abbiano la piena consapevolezza del proprio talento e del proprio stile nel comporre e che pertanto ormai facciano semplicemente quello che gli riesce meglio, con una maturità ormai raggiunta in pieno e guidati da un frontman sempre profondamente coinvolto dalla propria musica. Il suono risulta più pulito e minimalista del passato ma la grande attenzione per i dettagli è sempre evidente.
L’album ci trasporta da subito in un’atmosfera cupa e malinconica, nella quale siamo guidati dalla perfetta interazione degli strumenti (tra i quali va compresa in pieno anche la voce) attraverso quelli che sono i tratti inconfondibili della band, ovvero le melodie avvolgenti e cariche di emotività, la precisione della ritmica e le sofisticate metafore contenute nelle liriche. Si parte con I Should Live in Salt, ballata lenta e disperata nella quale il senso di colpa del cantante nei confronti del fratello Tom (con cui ha un rapporto contrastato, come mostrato dal documentario Mistaken for Strangers) cerca la sua espiazione in versi come “Dovrei vivere nel sale per averti lasciato indietro”, raggiungendo con la voce tonalità più alte del consueto. Nei brani seguenti Berninger torna al suo classico tono intimo e confidenziale per descrivere all’ascoltatore le proprie angosce e nevrosi con un timbro che appare forse più educato rispetto agli album precedenti ma che nulla toglie all’espressività. Si materializzano così i demoni della claustrofobica Demons e di Don't Swallow the Cap, le canzoni d’amore Heavenfaced e This is the Last Time e le intime e delicate Hard to Find, Humiliation, Slipped e Pink Rabbits. Se i toccanti arpeggi di chitarra di Fireproof e I Need My Girl forniscono il pretesto alla voce di Berninger per fornirci l’ennesima prova del proprio fascino ammaliante, solleticando a fondo l’emotività di chi ascolta, il singolo Sea of Love mostra invece la faccia più energica della band ricordando le dinamiche di alcuni episodi di Alligator, cosi come Graceless, nella quale Berninger gioca con le parole con la consueta maestria, sostenuto dalla sezione ritmica dei fratelli Devendorf.
I The National confermano così la rara qualità, tipica delle grandissime band, di essere assolutamente riconoscibili non sbagliando mai un colpo e mantenendo un livello sempre altissimo. Questo, in sintesi, è Trouble Will Find Me, ma per capire realmente le emozioni che esso, come tutti gli album precedenti, è in grado di regalare a qualsiasi appassionato di musica, vi consiglio vivamente di dedicargli un’ora per ascoltarlo come si deve. Probabilmente, da quel momento in poi, non rimarrete mai più per lungo tempo senza farvi cullare sull’orlo dell’oblio da questa grande band. Questo è quello che mi è successo durante un’insonne notte d’estate di qualche anno fa nella quale, circondato dal buio e dal torpore, ho acceso il mio lettore mp3. I The National sono così sbucati a farmi compagnia, raccontandomi storie malinconiche che tuttavia sono riuscite a farmi sentire bene, risvegliando un’empatia scordata da tempo. Una contraddizione, ma questo è quello che penso della musica della band: sprazzi di luce, bellezza ed eleganza che servono a non rendere vana la quotidiana lotta contro l’oscurità che ci circonda.