Con l'eccezione del disco degli Amari (pubblicato il 21 gennaio), tutti gli album sono in uscita il 22 gennaio.
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[space height=”10″]Alasdair Roberts: A Wonder Working Stone
Non so molto di Alasdair Roberts, ma quel poco che so mi incoraggia a fare presto la sua conoscenza: è scozzese, ha collaborato spesso e volentieri con Jason Molina dei fantastici Songs: Ohia e incide per etichette di tutto rispetto come Secretly Canadian e Drag City. A occhio e croce potrei azzardare che suoni un folk rock scheletrico e inquietante, ma magari mi sorprende e invece fa pop con l’accento scozzese. C’è chi lo sa già, io invece cercherò di ascoltarmi questo nuovo dischetto e mi farò un’idea!
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[space height=”10″]New Order: Lost Sirens (raccolta)
Prima che iniziassero a litigare come bambini dell’asilo, Bernard Sumner, Peter Hook e Steven Morris sono andati d’amore e d’accordo per quasi trent’anni nei New Order: questa raccolta da quello che ho capito è una serie di outtakes di Waiting for the Sirens’ Call, l’ultimo album pubblicato dalla band nel 2005. Immagino che i tanti fan non potranno mancare l’occasione di riascoltare l’intero gruppo suonare insieme ancora una volta, ma se non ho mai ascoltato gli album ufficiali non penso che inizierò con gli avanzi di magazzino…
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[space height=”10″]Toro Y Moi: Anything in Return
Il terzo disco di Chaz Bundick l’abbiamo già ascoltato e recensito: al di là delle aspettative che forse erano leggermente troppo alte, ci troviamo di fronte ad un ulteriore raffinamento dei suoni portati avanti fino ad ora dal nostro occhialuto preferito, una summa di quello che ha fatto finora con qualche interessante spunto per il futuro. Ben vengano gli accenti più pop, ma l’importante è che non perda quelle atmosfere psichedeliche da “Ferragosto su un’isola deserta sotto il sole” che sono sempre state il suo punto forte.
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[space height=”10″]Amari: Kilometri
Nonostante la bella copertina neanche questa volta riesco a farmi andare giù gli Amari: il grande equivoco dell’indie italiano (vale a dire: ho l’immagine giusta, i video giusti e le conoscenze giuste, ma alla musica chi ci pensa?) parte proprio da loro, e non posso perdonare il fatto che senza i quattro friulani probabilmente orrori come gli Ex-Otago non sarebbero mai esistiti. Inoltre anche i fan riconoscono che i tempi migliori ormai sono alle loro spalle, quindi io direi che lasciamo stare…
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[space height=”10″]Guided by Voices: Down by the Racetrack EP
Non contenti di aver già pubblicato tre album dall’inizio della loro reunion, i Guided by Voices tornano con un altro EP, che ovviamente prelude ad un nuovo album nel 2013. Chi segue Gold Soundz sa quanto io ami Robert Pollard e la sua banda di sbevazzoni, ma data la qualità abbastanza mediocre degli ultimi LP, inizio a chiedermi se questa prolificità abbia senso. Bob, non sarebbe meglio pubblicare solo un album dei GBV ogni tanto e riservare i tanti scarti ai soliti mille progetti paralleli e solisti (Boston Spaceships, Circus Devils, etc.)? Perché la sensazione è quella di un glorioso marchio che si sta un po’ appannando…
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[space height=”10″]Camper van Beethoven: La Costa Perdida
Ah il college rock degli anni ’80! I Camper Van Beethoven erano lì in prima fila insieme a R.E.M. e Replacements ed erano grandiosi, poi sono scomparsi per più di dieci anni. L’inevitabile reunion li ha portati ad incidere un nuovo album nel 2004, seguito di nuovo da un lungo silenzio e poi da questo nuovo lavoro. Peccato, perché David Lowery e compagni hanno il classico sound che non invecchia mai, ma è difficile che riescano a farsi notare da nuovi fan se continuano a muoversi con questo ritmo. Quindi, a maggior ragione, ascoltate questo album: potrebbero volerci altri dieci anni per il seguito!
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[space height=”10″]Bad Religion: True North
So che sono praticamente un’istituzione del punk rock e che molta della musica che ascoltiamo non avrebbe senso senza di loro, ma nel 2013 mi sembra che i Bad Religion dovrebbero riposare e godersi tranquillamente la mezza età, invece di riproporre la consueta miscela punk+melodia. Non ho niente contro i veterani, che in molti casi riescono a rimanere più vitali delle vecchie leve, ma Brett Gurewitz e compagni non sono mai riusciti a cambiare di un pelo il proprio approccio, che rimane legato a cliché musicali e di contenuto oramai passati alla storia. Ovviamente se per caso dovessero sorprendermi con questo sedicesimo album sono pronto a chiedere scusa…