Così tanti dischi, così poco tempo…quando pensavo di aver toccato il minimo storico di tempo libero con l’ultimo numero dei pre-giudizi, non sapevo ancora che le settimane seguenti sarebbero state ancora peggio. E così mi ritrovo a scrivere in un sol colpo i pre-giudizi di un mese intero, per giunta pieno di uscite molto interessanti! Vabbè, verranno tempi migliori…
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[space height=”10″]Primal Scream: More Light
Dopo essere rimasto schifato dal singolo It’s Alright It’s Ok stavo quasi per stroncare definitivamente questo ritorno dei Primal Scream, che già da molti anni non riescono a convincermi. Poi però ho pensato: c’è Kevin Shields che suona la chitarra su un brano, può essere così pessimo?
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[space height=”10″]Come: Eleven: Eleven (Ristampa)
La voce di Thalia Zedek è uno di quei suoni che vorrei sentire più spesso, al posto della suoneria del cellulare o della sveglia al mattino. Per lenire la nostalgia canaglia ecco la ristampa di questo primo album dei Come, che, anche se è lontano dall’essere il loro lavoro migliore, merita comunque di essere riscoperto. Un'altra reunion azzeccata, 2013.
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[space height=”10″]Deerhunter: Monomania
Lo confesso: non ho mai dato molto peso a questo gruppo. Da quello che ho capito mi sono perso alcuni tra i dischi migliori degli ultimi anni, ma a me l'aspetto scheletrico del frontman Bradford Cox fa troppa impressione. Dicono che questo album sia più rock and roll dei precedenti, e quindi gli diamo una chance, via…
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[space height=”10″]Justice: Access All Arenas
Quei tamarroni dei Justice non è che siano partiti con il piede giusto: nonostante la provenienza francese e I tanti amici in comune, la loro rilettura dei Daft Punk è più legata ai chitarroni heavy di Human After All che al genio di Homework e Discovery. Se i dischi in studio sono francamente imbarazzanti, almeno dal vivo sembra siano ancora l’esperienza perfetta per lasciarsi andare e fare headbanging manco fossimo al concerto dei Metallica. Un piccolo particolare però: questo è un album dal vivo, non è un biglietto per un loro concerto, quindi direi di lasciar stare.
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[space height=”10″]Savages: Silence Yourself
Cosa dire di questo hypatissimo quartetto tutto al femminile? Hanno fatto innamorare le testate americane tipo Pitchfork molto più di quelle della loro madrepatria Inghilterra: forse perché rappresentato una perfetta combinazione tra immagine austera alla This Heat e Gang Of Four (praticamente quasi ogni foto che le ritrae è in un bianco e nero fortemente contrastato) e un rimasticamento post-punk che al di fuori dell’Inghilterra è praticamente sinonimo di Made in UK. Il mio pre-giudizio in questi casi è sempre lo stesso: Don’t Believe the Hype, anche se aspetto di ascoltare il disco.
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[space height=”10″]She & Him: Volume 3
Il progetto musicale di Zooey Deschanel non ha mai avuto moltissime ragioni per esistere, a maggior ragione ora che l’ex signora Gibbard ha trovato il meritato successo come attrice nella serie New Girl. Zooey è simpatica ma non ha grandi doti né come cantante, né come compositrice e rimane un personaggio fondamentalmente superficiale, con lo stesso spessore dei suoi vestitini a pois colorati. Insomma, va benissimo come attrice, ma le consiglio di mettere giù quel microfono!
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[space height=”10″]Elio e le Storie Tese: L’Album Biango
Ero pronto a liquidare con un po’ di sufficienza questo ennesimo disco di Elio e company: non è un segreto che i tempi migliori del gruppo siano passati almeno da una decina d’anni, e la sovraesposizione mediatica degli ultimi anni fa pensare a quelle vecchie glorie che ormai dicono sì praticamente ad ogni proposta riproponendo lo stesso stanco copione comico. E’ quindi con grande sorpresa che devo dire di aver riso di gusto e apprezzato molto Complesso del Primo Maggio, primo singolo estratto dal disco: una serie di gag azzeccate l’una in fila all’altra, con la capacità di dire cose abbastanza risapute ma apprezzabili (come era stato per Parco Sempione qualche anno fa). Insomma, se tutto il disco è così forse li abbiamo recuperati!
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[space height=”10″]Vampire Weekend: Modern Vampires of the City
I quattro vampiri newyorchesi sono sulla cresta dell’onda: non solo riescono da anni a mettere d’accordo critica e pubblico, ma con questo terzo disco sembrano proprio aver trovato la quadratura del cerchio, e c’è già chi ne parla come album dell’anno. Visto che si parla di pre-giudizi io ovviamente non l’ho ascoltato, ma l’espansione verso sonorità più meditate e addirittura malinconiche mi sembra un’ottima idea.
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[space height=”10″]Dirty Beaches: Drifters/Love Is The Devil
So che Alex Zhang Hungtai gode da qualche anno di un’ottima reputazione critica, ma per me conta più di tutto l’esibizione live a cui ho assistito l’anno scorso: vestito come un John Travolta fuori tempo massimo Alex ha passato un’ora buona di concerto ad urlare, sputare e massacrare la chitarra, accompagnato da basi ripetitive e senza fantasia. Se il suo scopo era spaventare a morte il pubblico c’è riuscito perfettamente (avevo paura ad avvicinarmi a lui anche dopo il concerto), ma in quanto alle sue capacità musicali ho qualche dubbio. E poi questo è un doppio album: aiuto!
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[space height=”10″]Daft Punk: Random Access Memories
Il fatto di scrivere questi pre-giudizi dopo che Random Access Memories è uscito nei negozi e in streaming sulla rete falsa del tutto il mio parere sul disco: l’ho già ascoltato, eccome, e penso sia fantastico. E’ un album eccessivo, spaventosamente kitsch e megalomane, ma anche pieno di un amore per la musica assolutamente anacronistico nell’epoca del “consumo veloce” dettato da Internet. Tanti i pezzi memorabili, e tanti quelli che lo diventeranno dopo un po’ di ascolti: come al solito i Daft Punk se ne fregano delle altrui opinioni e dettano le mode invece di seguirle. E sono sicuro che i detrattori di oggi si ricrederanno tra qualche anno…
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[space height=”10″]The National: Trouble Will Find Me
L’altra grande uscita del mese è il ritorno di Matt Berninger e compagni: a tre anni da quell’High Violet che aveva allargato il loro pubblico anche all’interno del mainstream, sono sicuro che anche questo lavoro non deluderà. Il fatto è che i National sono (con le dovute differenze) come i Sonic Youth e i Fugazi dei tempi d’oro: una band con un tale livello di qualità che ogni disco si può comprare a scatola chiusa e immediatamente diventa un classico.
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[space height=”10″]Scout Niblett: It's Up to Emma
La signorina Niblett arriva al sesto album senza particolare clamori e senza che il grande pubblico si sia ancora accorto di lei; è un peccato, perché da una decina d’anni a questa parte continua ad affascinare con il suo cantautorato scheletrico. Quest’anno compie quarant’anni e fatele il regalo di ascoltare questo nuovo disco…
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[space height=”10″]CocoRosie: Tales of a GrassWidow
Non contente di aver realizzato la copertina più brutta della storia con il precedente Grey Oceans, le due sorelle Casady insistono con la loro proposta al confine tra l’eccentrico e il demenziale involontario. Anche questa volta passerò…
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[space height=”10″]Laura Marling: Once I Was an Eagle
Questa cantautrice inglese, nonostante la giovane età (23 anni) ha già quattro album all’attivo: in Inghilterra gode di un culto che la acclama come la nuova PJ Harvey, ma gli album precedenti non mi hanno mai detto granché. Si sente il cuore in quello che fa, se questa volta riuscisse anche ad avere delle melodie memorabili potrei segnarmi il suo nome una volta per tutte.
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[space height=”10″]The Pastels: Slow Summits
Mitico gruppo indie pop (o anorak pop come lo chiamavano ai tempi i sempre fantasiosi cronisti dell’NME) degli anni ’80 che torna con un nuovo album a sedici anni dal precedente Illumination. Il loro genere è ormai tragicamente fuori moda ed allo stesso tempo è difficile che si siano inventati qualcosa di nuovo, quindi immagino che se siete dei fan del pop scozzese (Belle & Sebastian, Teenage Fanclub, Camera Obscura) potreste avere la curiosità di scoprire i “papà” del genere, altrimenti non ve ne farete molto…
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[space height=”10″]Tricky: False Idols
A 18 anni da Maxinquaye Tricky può ancora vivere di rendita? Per quanto mi riguarda la risposta è no: sono più di dieci anni che la sua proposta musicale ha smesso di produrre qualcosa di interessante ed è diventata sempre più compiacente e auto-referenziale. Poi questa volta si è pubblicato da solo il disco con la sua etichetta, quindi non avrà neanche avuto qualcun altro a frenare le sue" intuizioni"…la vedo male!
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[space height=”10″]The Fall: Re-Mit
Trentesimo album per gli inarrestabili The Fall. Anche loro non hanno più molto da dire, ma non vorrei mai fare un torto ad una leggenda vivente come Mark E. Smith, quindi non me la sento di affondare troppo il coltello nella piaga. Chissà, magari questa volta ci sorprenderanno…
