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[space height=”10″]Electronic: Electronic (ristampa)
Apriamo questa settimana piena di ristampe con la meno interessante del lotto: gli Electronic erano un supergruppo con due pezzi da novanta della scena di Manchester, Bernard Sumner di Joy Division e New Order e Johnny Marr degli Smiths. Come molti supergruppi (e come molti progetti che hanno coinvolto Marr dopo la separazione da Morrissey) sono durati poco e non hanno convinto. Ciononostante ora ristampano il loro album d’esordio del 1991: se è il vostro genere accomodatevi, io passerò questa volta…
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[space height=”10″]Morrissey: Kill Uncle / The Last of the Famous International Playboys (ristampe)
E ovviamente nella settimana in cui esce la ristampa dell’unico progetto degno di nota avviato da Johnny Marr negli ultimi venticinque anni, quei burloni della EMI hanno pensato bene di far uscire anche un disco di Morrissey: in questo caso si tratta della ristampa del suo secondo album solista (non esaltante, per la verità) e del singolo che l’aveva preceduto. Al di là delle perplessità che genera questo tipo di operazioni (la ristampa di un singolo?) la musica è passabile, ma la nuova copertina, con Moz che sbeffeggia David Bowie sostituendolo con Rick Astley, è imperdibile!
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[space height=”10″]The Knife: Shaking the Habitual
Una delle uscite più attese del 2013 arriva a ben sette anni dal precedente Silent Shout e già dalle premesse si presenta molto diverso: se lì avevamo un disco di inquietante e gelida pop music mutante, questo è un mattone da quasi 100 minuti, egualmente diviso tra musica, performance art e manifesto politico. Da quello che si è ascoltato finora non è un disco semplice ed è destinato a far perdere molti ammiratori al duo svedese, specialmente per la presenza di due lunghi (si parla di oltre dieci minuti a pezzo) frammenti rumoristi/ambient. Il valore del disco si misurerà quindi su quanto riuscirà a creare un’atmosfera unica, anche con i suoi eccessi: ma solo per il fatto che stiamo qui a parlare di questioni di questo genere, e non della nuova pettinatura di Rihanna, me la sento di stappare il martini.
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[space height=”10″]Kurt Vile: Wakin On A Pretty Daze
Lo slacker di Philadelphia torna a riscuotere il meritato successo, dopo che Smoke Ring for My Halo l’aveva fatto notare qualche anno fa: ci possiamo aspettare ballate narcolettiche, un po’ di rock ‘n’ roll anni ’70 e un disco che magari non accompagnerà i nostri sfrenati (?) party primaverili, ma in grado di crescere con ogni ascolto. Del resto come si fa a non volere bene ad un uomo che posta un video del genere?
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[space height=”10″]James Blake: Overgrown
Confesso di non aver mai capito il fenomeno James Blake: per quanto mi sforzi non riesco a vedere l’appeal di un ragazzino inglese che canta con voce soul su basi elettroniche tra il minimale e il noioso. Molti lo trovano commovente o coinvolgente, io penso che avrebbe bisogno di una bella dose di ritmo e soprattutto di finire le sue canzoni prima di pubblicarle. Del resto, quando il tuo brano più famoso su iTunes è una cover, forse è il momento di farsi qualche domanda…
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[space height=”10″]The Postal Service: Give Up (ristampa)
La ristampa più interessante della settimana è stata un po’ azzoppata nel momento in cui Jimmy Tamborello ha svelato che I due “nuovi brani” inclusi (Turn Around e A Tattered Line of String) sono in realtà vecchie registrazioni inedite, mettendo la parola fine sull'ipotesi di un secondo album del duo. Tuttavia Give Up continua a migliorare con il passare degli anni, e rappresenta uno dei rari esempi di unione tra indie rock e elettronica che mi sento di raccomandare. Come tutti, spero anch’io che la reunion li porti a pensare ad un nuovo disco, ma avrebbe senso anche se Give Up restasse un episodio isolato: l’ultima volta in cui Ben Gibbard è sembrato vagamente in anticipo sui tempi, e l’ultima volta in cui Tamborello è riuscito a trovare una voce in grado di sollevare le sue basi dalla mediocrità.
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[space height=”10″]Steve Mason: Monkey Minds in the Devil's Time
Vi ricordate la Beta Band? Verso la fine degli anni '90 è stata una delle ultime band con un certo valore hypata dalle riviste musicali inglesi, e ha lasciato dietro di sè qualche album interessante ma non indimenticabile. Il leader Steve Mason già da un po’ si è avviato in una carriera solista, di cui questo è il terzo prodotto: non ho idea di cosa aspettarmi, dal momento che l’imprevedibilità era una delle caratteristiche del gruppo inglese, ma un nostalgico degli anni ’90 come il sottoscritto non può che essere incuriosito…