Dopo il successo dell'ultimo video con protagonista Artemoltobuffa, le nostre Indiemood Sessions continuano con Phill Reynolds, progetto del cantautore vicentino Silva Cantele.
Qui sotto lo potete vedere nella session realizzata come al solito da Indiemood Press Office, mentre ci suona la sua Hey Joy girando per i canali di Venezia a bordo della barca restaurata dall'associazione Il Caicio. A seguire trovate anche la nostra intervista: buona visione e buona lettura!
Ciao Phill, iniziamo a parlare del tuo progetto musicale: quando e come nasce?
Phill Reynolds nasce nell'inverno a cavallo tra il 2010 e il 2011, anno dei primi concerti. Sentivo l'esigenza di un sentiero sonoro e compositivo più intimo e personale rispetto alle altre mie realtà musicali del tempo, una sorta di percorso terapeutico fatto di pochi elementi – il blues insegna- combinati sul mio divano dopo essere spesso nati ai bordi dei torrenti, nei boschi o sulle rocce dell'Altipiano. Ma è un flusso che come ogni corso d'acqua, in realtà, non ha principio né fine, ma sublima, gela, evapora, piove e scorre in un moto perpetuo, a seconda delle stagioni.
Quali artisti hanno influenzato maggiormente il tuo modo di fare e pensare la musica?
Sono molti, e di "generi" apparentemente diversi…così, su due piedi? Blind Willie Johnson, Johnny Cash, Nina Simone, The Weakerthans, Phil Ochs, Michael Nyman, Kaki King, Ravel, De Andrè, Justin Vernon e Bepi de Marzi. Chris Whitley, i Creedence, Tom Waits…Ma devo moltissimo anche alle band dell'adolescenza: Snapcase, Propagandhi, Refused, Gorilla Biscuits, Breach.
Il tuo percorso artistico si snoda e si fonda su due generi che potremmo definire tradizionali: il folk e il blues. Che cosa significa per te, oggi, suonare e vivere in sintonia con questi generi?
Forzando un continente in un verbo, significa togliere. Togliere vezzi, togliere finte priorità, togliere orpelli, togliere schemi mentali, togliere ipocrisie. Compiti difficilissimi. Cosa poi significhino oggi Folk e Blues, io non lo so. E credo sia un bene.
Parlando della scelta della one man band, pensi che sia un modo più diretto e immediato per esprimere in musica le proprie sensazioni?
No: molt* amic* musicist* scrivono con maggior praticità e soddisfazione se scrivono per una band, è molto soggettivo. È un modo personale ed estemporaneo (nulla è duraturo) di comporre e suonare musica, come è un modo di sfogare un ego – tipo, il mio?! – che può essere soffocante, invasivo e nocivo. Non mettessi in note certe tensioni, sarei indubbiamente una persona peggiore. Assai. Come qualsiasi cosa, ha i suoi pro e i suoi contro, e personalmente detesto chi si permette di elevare la propria opinione a dogma.
Che progetti hai in mente per il tuo futuro percorso artistico?
Dunque. Molto busking estivo (Basilea, Berlino, Montpellier), un tour negli States tra settembre e ottobre, la promozione del mio prossimo LP Love and Rage (Locomotiv Records) a partire dal prossimo autunno, la stesura di un EP di sola chitarra acustica, tentare di diventare una buona persona, bere meno, far sì che nell'immediato futuro non esistano più figure come Borghezio. Mi aiutate?