Oggi mi aspetta uno di quegli eventi che porta con sé ansia, attesa, desiderio ma soprattutto eccitazione. Oggi si va a quello che non è un semplice festival, ma uno dei più importanti festival italiani e forse il più importante in Italia per quello che riguarda la musica elettronica. Ormai sono un paio di mesi , da quando è uscita la strepitosa line-up che sono in febbricitante attesa.
Arrivo al Lingotto verso le 10, la fila non è lunghissima ma i controlli sono serratissimi e ci metto un po’ ad entrare . Dopo aver superato quella che sembrava quasi essere la dogana tra Messico e U.S.A. mi immergo nel magico mondo del C2C, e vengo letteralmente travolto dal sound dei Battles che hanno da poco cominciato a suonare. Il supergruppo dimostra di essere letteralmente “super”, stupendo tutti con una perfetta esibizione che riesce a far divertire il già nutrito pubblico presente. Prima data per loro in Italia dopo l’uscita del loro ultimo disco (La Di Da Di), ci fanno scatenare con un po’ di strumentali direttamente dall’ultimo album e qualche vecchio pezzo, anche se in mancanza dell’ex cantante e chitarrista Tyondai Braxton. Strabiliante è in particolare la prestazione del batterista John Stanier, che risulta impeccabile e bravissimo, senza per questo togliere nulla al resto della band.
Giusto il tempo di andare in bagno e riposarsi un attimo, poi si ricomincia. Sempre nel main stage si esibisce Four Tet. Si capisce che ormai siamo entrati nel pieno della serata, è arrivato molto pubblico e a fatica si passa tra la gente. Piano piano i suoni sfuggenti di Kieran Hebden ci accompagnano in questo grande live: come al solito Four Tet riesce è in grado di ipnotizzare e far ballare allo stesso tempo il pubblico, creando un sapiente mix tra pezzi vecchi e nuovi. Basta poco per mandare la folla in delirio e ballare per un'ora e mezza al suono di bassi e synth. La grande sorpresa sono state soprattutte le due lunghe tracce del suo ultimo lavoro Morning/Evening, che dal vivo suonano molto meglio di quanto mi immaginassi. Verso il finale in particolare si esibisce in una Morning Side che lascia tutti esterefatti.
Ora al Lingotto l’attesa sale molto: è il turno di Thom Yorke, headliner della serata. Mi sento in obbligo di dire che non è per lui che sono giunto a Torino, dunque non sono pienamente partecipe di questa grande attesa, ma la curiosità è comunque tanta. Ci vuole un po’ per preparare il palco, ma dopo 30 minuti eccolo iniziare: imbracciando a tratti la sua chitarra il frontman dei Radiohead suona principalmente tracce del suo ultimo LP Tomorrow’s Modern Boxes, ma non solo. Con A Brain in a Bottle l’atmosfera si fa più calda: grazie anche a una buona acustica, riusciamo a sentire benissimo anche se lontani dal palco. Si torna indietro nel tempo con Black Swan, per poi rituffarsi nel presente con Guess Again!, che suona un po’ come una ballata elettronica. In scaletta anche canzoni del side-project Atoms for Peace, che sicuramente avranno reso felici i fan più accaniti. Con l’avvicinarsi del finale il pubblico diminuisce, per colpa anche della sovrapposizione con Todd Terje, il quale però è quasi impossibile da vedere per l’enorme fila all’entrata del padiglione giallo.
Jamie xx
Messo il cuore in pace decidiamo allora di mangiarci un panino e aspettare, questa volta con ansia, l’arrivo sul palco di Jamie xx. Verso le 4 il producer inglese fa il suo ingresso su un palco completamente oscurato dal fumo….si riesce solo a intravedere una sagoma nera dietro alla console (come potete vedere dalla foto qui sopra)! Quello di Jamie è un dj set nel quale bene o male riesce ad inserire tutto il suo ultimo disco In Colour. Fin dai primi mix si percepisce l’arrivo di Sleep Sound, che fa scatenare il pubblico riunitosi sotto al main stage. Ci pensa Obvs a dare la scarica di bassi giusta per continuare a ballare sebben l’ora tarda. E come non parlare poi di Gosh, a mio parere il pezzo migliore dell'ultimo album?
E’ assai raro trovare un musicista di musica elettronica sfondare cosi in fretta, Jamie è un caso a parte. Sarà forse anche per quella sua aria da tranquillo ragazzo londinese, quel suo sguardo semplice, quella sua camicia rigorosamente bianca. Potremmo dire che lui e la sua musica si sono trovati a rappresentare altri migliaia di ragazzi che cercano nella musica una fuga dalla realtà, insoddisfatti forse di ciò che li circonda. Tutti desiderano chiudersi nella propria cameretta e fare musica per ribellarsi, sfuggire. Beh, Jamie è quello che ci permette di fare tutto ciò, grazie a lui siamo tutti fuggiti per un'ora e mezza per poi tornare tutti a casa con il ricordo di questa splendida serata e di un festival che ci auguriamo non ci lasci mai!