Secondo me esiste qualcosa d’intrinseco nell’uomo che ci porta a spingerci sempre oltre, nella vita cosi come nei gusti musicali. Prima o poi tutti avranno un momento in cui si stuferanno di tutto e cercheranno qualcos’altro, niente di ben definito, basta che sia qualcosa di diverso dal comune. Per questo motivo questa sera mi trovo al Magnolia per una delle due date italiane dei Deerhunter.
Un evento imperdibile sia che tu sia un grande esperto di musica, un hipster con la barba o un giovane alla scoperta di nuovi sound, non si può mancare. Dopo l’uscita del loro eccellente album Fading Frontier le aspettative sono sicuramente alte. Anche se dentro di me un po’ speravo che l'ultimo LP fosse quello della svolta, un disco che li avrebbe portati a un gran numero di fan, devo constatare che così non è stato: la venue al mio arrivo è ancora semivuota, sebbene il progetto parallelo Atlas Sound abbia già cominciato; tanto meglio, ci sarà più spazio!
Tocca allo stesso frontman Bradford Cox preparare il pubblico che intanto segue distratto, preferendo magari una birra o una sigaretta. La psichedelia degli Atlas Sound ci fa ben sperare per il prosieguo della serata, l’impianto a mio parere è ottimo e Cox sembra in brillante (si fa per dire) forma. Finito il live il cantante si da giusto il tempo di bere un po’ d’acqua per poi tornare sul palco, puntualissimo, accompagnato stavolta dal resto della band.
I Deerhunter non sono una di quelle band da primo impatto, non incitano la folla, a malapena ci parlano. Il loro punto di forza è sicuramente il clima che riescono a creare, grazie a una scelta quasi chirurgica dei pezzi, che si susseguono in maniera perfetta incastrandosi come fossero pezzi di un unico gigantesco puzzle. Desire Lines, ad esempio, è l’ideale per cominciare, una traccia molto orecchiabile che cattura l'intero Magnolia. Ora che l’attenzione è stata presa si buttano su alcuni dei pezzi più belli dell'ultimo lavoro: prima Breaker e poi Duplex Planet, eseguiti perfettamente, con il merito sicuramente di una buona gestione volumi che crea un sound quasi perfetto. E cosi sule note di Fading Frontier ci tuffiamo nel magico mondo della psichedelia, fatto sia di suoni puliti e limpidi sia di distorsioni lo-fi come in Revival, che segue subito dopo. Il concerto procede a ritmi sostenuti, la band suona senza sosta, sfoderando soprattutto pezzi dell’ultimo LP e del piccolo capolavoro Halcyon Digest (2010).
Con la dolce All the Same siamo ormai a metà concerto e i Deerhunter hanno dimostrato già di saperci fare anche dal vivo. Più il live va avanti e più Bradford mi sembra un gigante buono: svetta dietro la sua chitarra sempre indaffarato o con il drink o a spostarsi da una tastiera all’altra, il tutto fatto con la semplicità di chi suona nello scantinato con gli amici. Take Care come da pronostico ci fa impazzire, pezzo unico del quale già abbiamo parlato fin troppo nella recensione di qualche giorno fa. Completamente presi dal sound, che alterna melodie soft neopsicheliche dell’ultimo album e riff più “sporchi” dei vecchi capolavori ci avviamo alla fine con Nothing Ever Happen. Anche qui una bella scarica di adrenalina: il ritmo quasi pungente prende tutta la folla per uno dei brani che dal vivo funziona maggiormente. Dopo essersi assentati brevemente dal palco, il quartetto torna poco dopo per i bis, concludendo con il botto: suonano Agoraphobia e Cover Me, che ci riportano ai tempi di Microcastle (2008).
E’ difficile dopo un live del genere trovare un giusto finale, qualcosa di adatto per riassumere tante emozioni in una sola serata, perché è proprio questo quello che fanno i Deerhunter durante i loro concerti. Non sono grandi casinisti e tanto meno estroversi, sembrano apparentemente statici ma sono emotivamente esplosivi, riescono a pervaderti con il loro sound e a trasmettere un carico di emozioni. Dunque, proprio per questo, arrivano Ad Astra e Fluorescent Grey, che in modo malinconico ma piacevole sanciscono la fine del live. I riff ripetitivi cavalcati dalla voce di Cox che si fa confidenziale come per volerci dare la buona notte, in un pezzo che poi esplode in una pioggia di “rumori”: non potremmo pensare a un modo migliore per concludere la serata e riportarci a casa un ottimo ricordo di questa incredibile band.