Chiacchieratissimo dall'élite musicale più selettiva – per intenderci, quella determinante il destino di un artista come cool, o, piuttosto, da trascurare – Destroyer è il progetto del cantautore canadese Dan Bejar, in attività dal 1995 attraverso un longevo percorso tracciato da ben quindici album.
Ci rechiamo al Teatro Quirinetta, scenica ed accogliente venue della Capitale, non avendo potuto ascoltare il suo live al recente Primavera Sound Festival, a causa delle inevitabili coincidenze fra le numerosissime (e notevoli) performances. Pur non attirando un numero elevatissimo di spettatori e lasciando la sala piena solo a metà, l'attesa per il live è molto alta, visto che gli ultimi due LP di Bejar (Kaputt del 2011 e l'ultimo Poison Season del 2015) hanno raccolto il plauso unanime della critica specializzata.
Opening act assegnato agli svedesi Barbarisms, band guidata dal frontman statunitense Nicholas Faraone, il cui secondo lavoro, Browser (pubblicato quest'anno per la italiana A Modest Proposal Records), ne ha sancito la maturità artistica più apprezzata, forte di sonorità lo-fi gestite con somma eleganza.
Intorno alle 23 Bejar prende posto on stage, visibilmente privo dell'entusiasmo necessario per un'ottima interpretazione: poco interessato al contatto e alla comunicazione con i presenti, trascorre quasi per intero l'esibizione in ginocchio, compromettendo il suo già peculiare tono di voce, questa volta più nasale che melodico.
I sette musicisti ad accompagnarlo reggono bene la scena, regalando atmosfere soffuse e jazzistiche e consentendo al pubblico di definire, quanto meno, godibile l'insieme. Ahimè forti le problematiche audio, con i volumi che restano completamente sregolati e troppo alti per l'intero concerto, impedendo la distinzione delle linee di batteria e dei singoli strumenti.
Chinatown, Forces from Above, Kaputt, Poor in Love: i brani si susseguono piuttosto monocordi e senza stimoli. Una delusione amara, quella di questo 7 giugno, che spinge a domandarsi le ragioni di tanta indolenza, dinanzi ad occhi – e orecchie – pieni di aspettative.
Occorre presenziare nuovamente a un concerto targato Destroyer per cancellare il ricordo di questo colpo mancato: insomma il giudizio è negativo, ma solo transitoriamente.