La tecnologia e la messaggistica istantanea hanno, ingiustamente, riposto in un cassetto le cartoline spedite durante le vacanze, come testimonianza obsoleta di giorni trascorsi in libertà. Eppure, una cartolina è una premura, che si compone del tempo speso per scrivere un messaggio che racconti i sorrisi e i momenti vissuti, dell’impegno per trovare un francobollo, una cassetta delle lettere in città, dell’attesa che sia recapitata al destinatario e possa gioirne.
Del Vasto Siren Festival 2016 scriviamo una cartolina, riflettuta e intensa nella sua semplicità. Non capita spesso di godere di beltà paesaggistiche come quelle italiane, frazioni di mare e terra, in un contesto in cui a fare da protagonista è la musica. Vasto, cittadina marittima abruzzese, ospita ormai da qualche anno una delle rassegne di maggiore gusto e ricerca di genere, aggiudicandosi il podio di eccellenza nazionale, comparabile ai festival più celebri oltre confine.
Le dimensioni dell’evento restano circoscritte ad alcuni dei punti più rappresentativi della località (gli splendidi Giardini d’Avalos, Piazza del Popolo, Porta San Pietro), confermandosi questo come un vantaggio di spicco: le location storiche, dove i palchi sono strategicamente collocati, consentono ai visitatori di combinare una visita essenzialmente turistica, balneare, ad un momento di intrattenimento. Lascia a bocca aperta l’interesse destato dagli artisti esibitisi sul Free Stage (novità di questa edizione, situato in prossimità del lungomare), sulle famiglie, sugli anziani, sui bambini rimasti ad ascoltare come fossero fan di vecchia data. Le età si mescolano come in una grande festa di paese, poiché il paese tutto ne viene convolto: la vera protagonista e vincitrice del festival è Vasto stessa, i suoi angoli, i suoi volti, il suo senso di condivisione.
Panorama dai Giardini d'Avalos
Gli impegni lavorativi ci impediscono di presenziare per l’intera durata dell’evento, ma non indugiamo a partire nelle prime ore di sabato, impazienti di ascoltare gli headliner teutonici Notwist, assistere alla performance del Thurston Moore Group, e di scoprire le altre sorprese che ancora ci attendono. Le condizioni meteo, inizialmente sfavorevoli, migliorano cancellando le ombre di un cielo piovoso sul festival: arriviamo a Vasto, ed occorre risalire dalla parte bassa della città a quella alta, dove siamo accolti da una folla numerosa che ci lascia intendere che siamo diretti nel posto giusto.
La logistica è ben organizzata, l’ingresso si raggiunge in pochi minuti ed è possibile munirsi di mappe utili ad individuare i percorsi da seguire, gli orari e la line up completa. Nei pressi di ogni stage scorgiamo dei salvifici punti ristoro, che spaziano fra una selezione di piatti tipici della tradizione (arrosticini, frittura di pesce – i più affollati), ad alternative vegetariane. Nella giornata di venerdì, ci raccontano, qualche lamentela è stata sollevata a causa dell’impreparazione all’accoglienza e alla gestione di grandi affluenze, che ha provocato qualche disagio organizzativo e nei tempi d’attesa. Non è, però, la situazione a cui abbiamo assistito sabato, quando anzi la città è sembrata pienamente preparata per far vivere ai suoi ospiti il miglior soggiorno possibile.
Ci affrettiamo per prender posto nei Giardini d’Avalos, pronti per la presentazione del libro “Superonda – Storia segreta della musica italiana”, in presenza dell’autore Valerio Mattioli. La cornice in cui sediamo è di una bellezza stupefacente, un cortile decorato di fiori e alberi d’arancio che affaccia sul panorama della costa sottostante.
Presentazione del libro di Valerio Mattioli
L’intervista allo scrittore scorre piacevolmente, seguita dalla prima delle esibizioni cui assisteremo: Joan Thiele, chitarra alla mano, sale sul palco accompagnata dalla band ETNA, sfoderando una voce calda oltre i modi ed i tratti gentili. Gli ETNA arricchiscono il concerto con enorme bravura, suonando qualsiasi tipo di strumento –letteralmente, dalle pentole ad una bomboletta spray-, essendo in grado di cambiare completamente atmosfera da un brano all’altro ed evocare scenari diversi in cui, immaginariamente, ci immergiamo. Ottima prova, applaudiamo soddisfatti.
Pochi minuti a piedi ci separano dal cortile in cui si sta scrivendo la storia: sul palco, The Thurston Moore Group, il cui rimando al sound dei Sonic Youth è inevitabile. Lo stage è incastonato fra bellissime proiezioni sulla parete dell’edificio retrostante, che incantano gli spettatori a naso in su. Il festival riserva magie, come cari amici presenti durante le scorse edizioni ci avevano anticipato: trattandosi di una rassegna dal calore quasi familiare, è possibile incontrare gli artisti alla fine di ogni concerto fra la folla già schierata per il successivo. Ci imbattiamo in Thurston Moore, riconoscendolo, che ci fa dono del suo pass personale e si ferma cordialmente per qualche foto. È un regalo, questo, che Vasto ha voluto farci.
Ci spostiamo ancora per ascoltare i Notwist, che presentano il loro capolavoro del 2002 Neon Golden; le origini tedesche si riconoscono negli intervalli fra un successo e un altro, alternando i brani a melodie elettroniche battenti. I presenti si abbracciano, ballano, si commuovono inevitabilmente sulle prime note di Consequence. Un’esibizione bellissima, carica di emozione.
Sul Free Stage, nel frattempo, si appresta a cominciare il live di Francesco Motta, che avevamo già intravisto sul tetto di un edificio (il cosiddetto “Vertical Stage”), suonare rivolto ai passanti per strada un pezzo tratto dalla colonna sonora del film Disney Robin Hood. Motta è un’esplosione, salta e balla mentre presenta i componenti della sua band e inizia a cantare. Il pubblico è numerosissimo, si lascia coinvolgere e segue la voce dell’ex Criminal Jokers, trascinato nella festa.
Ultimo live, forse quello cui siamo sentimentalmente più legati, è quello de I Cani: la band romana passa in sequenza le tracce dell’ultimo album, Aurora, per poi infiammare Piazza del Popolo con i classici Post Punk, Hipsteria, I pariolini di 18 anni. Volumi un po’ forti, tuttavia, e qualche piccola imprecisione nell’intonazione della voce di Niccolò Contessa: il tutto perdonabile, mentre non riusciamo a stare fermi senza azzardare qualche passo di danza, nonostante la stanchezza.
Salutati I Cani ci congediamo da Vasto, tristi per non poter rimanere ad ascoltare Josh T. Pearson il giorno dopo nella Chiesa di San Giuseppe. Il lavoro ci chiama, pur desiderando vivere un’altra giornata nel cuore di quella che sembra essere la pagina di un libro, illustrata a colori vivi, impreziosita dalla magia che ci ha circondati e fatto tornare a casa con la voglia di non mancare l’anno prossimo.