Questa è una di quelle serate che Milano ti regala quasi per caso. Eh già, perché se non fosse stato per un invito su Facebook non sarei mai venuto a conoscenza di una serata che non può, e non deve, passare inosservata: stiamo parlando del concerto dei Soft Moon al Black Hole, aperto dal nostro connazionale Orax.
La serata è organizzata bene, con un programma di dj set post concerto e un pubblico ben nutrito che dimostra subito un’inclinazione verso i suoni di altri tempi. L'età media è abbastanza elevata e la clientela è spaccata tra metallari e nostalgici new wave vestiti all-black, forse uniti proprio dal fatto di esser cresciuti negli stessi anni, gli uni accanto agli altri, senza troppo interferire fra di loro.
Unica pecca è l’alone di mistero che aleggia sull’orario di inizio del concerto, che nessuno aveva ben capito. Ecco che alle 23 Orax si fa avanti sul palco, in uno stile che si addice perfettamente alla serata, munito di giubbetto e occhiali da sole. La strumentazione è formata da due tastiere, con sotto una base pre-registrata. Parte una carrellata di synth un po’ anni '90, che lo distinguono fortemente da tanti altri artisti della scena musicale d’oggi. Un live assolutamente degno: per me è stata la prima volta in cui ho potuto approfondire la sua musica, e tra un battere e l’altro di una gran cassa che non cedeva un millimetro è stato facile lasciarsi prendere dal sound. Alcuni pezzi sono stati suonati in collaborazione con un chitarrista, dando sicuramente qualcosa in più: riff psichedelici e malati che accompagnano le canzoni per tutta la loro durata senza interrompersi mai, spizzicate di chitarra alla Daft Punk che, anche se quasi impercettibili, lasciano il loro segno.
Il live di Orax in conclusione risulta breve ma intenso e subito dopo è il turno della band americana che, seppur abbia quest’anno pubblicato un album di remix del suo ultimo lavoro Deeper, è in versione originale. Il live comincia con Black, una delle canzoni simbolo dell’ultimo disco, su cui Luiz Vasquez può subito rompere il ghiaccio; il batterista spinge a più non posso mentre il cantante bisbiglia al microfono versi incomprensibili ma di una notevole bellezza. Non ci è voluto molto tempo per indurre il pubblico a muoversi e a ballare: dopo una selezione perfetta di pezzi nuovi e estratti dagli album Zeros e The Soft Moon, il concerto prosegue impeccabile con canzoni come Desertion o Wrong, che lanciano la festa al culmine.
La più grande sorpresa è stata sicuramente la capacità della band di rendere assai meglio live che su album: al Black Hole ci hanno regalato un sound travolgente, che sicuramente ha qualcosa che altri non hanno; nella sua cattiveria e semplicità nasconde qualcosa di geniale, il segno distintivo di una band che merita di essere ascoltata. Durante il live risulta più evidente un lato noise lo-fi che nelle registrazioni in studio viene smussato; eccezionale è stata anche la performance alle percussioni della band, dove tutti i componenti hanno dimostrato di sapersi più o meno destreggiare con le bacchette, dando vita a ritmi tribali avvolti in un mare di synth che hanno aumentato notevolmente il fattore psichedelico della musica. Luiz ha continuato a cantare per tutto il concerto senza che nessuno fosse in grado di decifrare le parole, ed è proprio questo, a mio avviso, il loro punto di forza: la voce come lamento vitale, in quanto suono e melodia appartenente all’uomo, e non una serie di parole e versi codificati da poter ricollegare a significati ben precisi.
Per finire che altro dire se non consigliare vivamente a tutti di andare ad ascoltare questa band di Oakland? Le occasioni non dovrebbero mancare, visto che Vasquez ha dimostrato più volte di amare l'Italia con i suoi numerosi tour nel nostro Paese, c'è solo da aspettare la prossima volta!