Yak + Husky Loops @ Serraglio, Milano – 7 ottobre 2016 (Live report)

Yak + Husky Loops @ Serraglio, Milano – 7 ottobre 2016 (Live report)

2016-10-14T15:56:49+00:0014 Ottobre 2016|

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La prima volta ha sempre un sapore unico, quello che nessuno scorda, che tutti ricordano con una certa malinconia. Venerdi 7 ottobre si è” consumato” al Serraglio il primo live italiano degli Yak, autori di uno dei debutti più rumorosi dell’anno, Alas Salvation.

La venue si riempie puntualmente permettendo già agli Husky Loops, gruppo di apertura, di suonare di fronte ad un pubblico discreto e ben variegato. I tre ragazzi ci mettono poco ad attirare l’attenzione con un indie rock impeccabile che rimanda a grandi band come Arctic Monkeys, Franz Ferdinand e Strokes senza però venire meno a quella vena noise/lo-fi che caratterizza parte delle nuove generazioni (non è un caso che abbiano aperto proprio per gli Yak). Gli Husky Loops dimostrano di saper il fatto loro sopra un palco riuscendo a intrattenere il pubblico con un sound convincente e spedito, intramezzato da qualche battuta e sorsi di birra. La band rimane protagonista per una buona mezz’ora, proponendo tutti pezzi propri tra cui il loro unico singolo all’attivo Dead, una grande scarica di adrenalina alla Arctic Monkeys con la verve e la rabbia di un giovane Ty Segall. Un live che lascia sicuramente un’ottima impressione da una band più che promettente, che forse però deve ancora trovare una sua precisa identità musicale.

Giusto il tempo di prendere da bere che gli Yak salgono sul palco e senza perdere troppo tempo in presentazioni partono spediti. Una performance gestita perfettamente in cui la band riesce ad allungare la durata dei brani non risultando mai scontata e monotona. Il concerto dura più o meno un’ora in cui il noise la fa da padrone senza che sia possibile capire quando finisce un pezzo e quando ne inizia un altro.

Il brano di apertura è Harbour the Feeling e il pubblico risponde subito bene, con i più arzilli che non perdono l’occasione per scatenarsi. Take It segue subito dopo e il ritmo si fa più calmo, il pezzo live risulta molto più shoegaze e psichedelico di quanto già non fosse su disco. Punto di forza del concerto è stato l’utilizzo dei synth che hanno amalgamato il tutto: più gli Yak suonano e più il frontman Oli Burslem si scatena rompendo il ghiaccio iniziale che si addice al "primo live" in un nuovo Paese.

Hungry Heart e Smile lanciano definitivamente la festa, con un pubblico sempre più in fermento. Due pezzi suonati bene dalla band che si scatena sul palco dando il meglio di sè, un'energia che non troviamo facilmente. E poi arriva Curtain Twitcher, l’esplosione di rabbia che tutti attendevano. Con Roll Another la band dimostra di non saper far solo rumore, segno del fatto che il genere noise è la conseguenza di una scelta voluta e non della sciatteria, un vero e proprio modo di vivere e vedere la vita.

Il concerto si avvia al finale passando per alcuni dei brani più famosi della band come Victorious e Use Somebody; l’amplificazione e l’acustica sono ottimi e permettono alla band di “darci dentro” tra rullate e riff distorti senza mai risultare troppo caotici. Nel finale la band presenta come encore vecchie canzoni, NO e Plastic People, un sound più grezzo e punk datato 2015, prima di entrare nel tunnel finale: 10 minuti di magia strumentale in cui ci portano con loro in un viaggio fatto di rabbia e rumore. Alla fine si esce con l'impressione di aver assistito a una performance che rispecchia perfettamente le attese; citando il Guardian si potrebbe definire il trio di Wolverhampton, "una forza della natura”.