Tutti i dischi sono usciti il 19 febbraio
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[space height=”10″]Bonnie 'Prince' Billy and Dawn McCarthy: What the Brothers Sang
La valutazione di questo disco dipende in gran parte dalla risposta a questa fondamentale domanda: quanto vi piacerebbe Will Oldham anche se cantasse l’elenco del telefono? Visto che per me la risposta è “tantissimo”, non posso che accogliere con entusiasmo questo album di cover degli Everly Brothers (sì proprio quelli degli anni ’50 resi immortali da Bye Bye Love e All I Have To Do Is Dream), che a prima vista potrebbe sembrare la cosa più lontana dall’immaginario del nostro Bonnie. Scommettiamo che ci riesce a convincere anche questa volta? E se non vi piace vi potrete rifare con l'appuntamento a lui dedicato del nostro prossimo audioforum…
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[space height=”10″]Iceage: You’re Nothing
Vorrei tanto farmi piacere questi giovanissimi danesi acclamati dalla critica che conta di mezzo mondo: in realtà devo dire che il loro debutto New Brigade mi aveva lasciato piuttosto freddino per la cattiveria programmatica e la loro sgradevolezza tipicamente nordica, quindi non mi aspetto molto da questo secondo disco. L’unica nota che mi incuriosce è il marchio Matador, che recentemente ha messo sotto contratto la band: cambierà qualcosa?
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[space height=”10″]Mark Kozelek: Like Rats e Live at Phoenix Public House Melbourne
Mark Kozelek ha fatto la storia della musica indie con i Red House Painters e non si è affatto seduto sugli allori con i successivi Sun Kil Moon: solo per questo motivo dovremmo accogliere con gioia qualsiasi cosa pubblichi, soprattutto dal momento che rimane il possessore di una delle voci più fantastiche sulla Terra. Da qualche anno però, attraverso la sua etichetta Caldo Verde, Mark fa un po’ come gli pare e si permette di pubblicare praticamente qualsiasi cosa gli passi per la testa: in questo caso si tratta di un album di cover e di un live registrato in Australia. Passi per il live, che non vedo cosa possa aggiungere alla sua già leggendaria discografia, ma le cover sono assolutamente da non perdere: prima di tutto perché anche questa volta ha scelto di riarrangiare generi molto lontani dalla sua sensibilità (il punk di Bad Brains, Misfits e Descendents, il metal di Danzig e alcuni classici del pop come Sonny & Cher e Bruno Mars), ma soprattutto perché un uomo che ha saputo farci apprezzare un intero album di cover degli AC/DC può farci ascoltare veramente tutto.
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[space height=”10″]Nick Cave & the Bad Seeds: Push the Sky Away
A completare una settimana di uscite decisamente buone, arriva anche il quindicesimo album del nostro maudit preferito insieme ai redivivi Bad Seeds: da quanto si è sentito finora pare che il disco segni un ritorno alle sonorità sobrie di The Boatman’s Call e No More Shall We Part, dopo l’overdose di rock’n’roll dei Grinderman. Per noi che abbiamo sempre amato il suo straordinario equilibrio tra eleganza e violenza è praticamente un invito a nozze: Cave rimane uno dei pochi artisti capace di sorprendere con ogni uscita, e questo disco non dovrebbe sfigurare, neanche in una discografia senza un solo passo falso come la sua (Nocturama non era poi così male, andate a riascoltarvelo…)
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[space height=”10″]Various Artists: Son of Rogue's Gallery: Pirate Ballads, Sea Songs and Chanteys
Cosa c’è di meglio di un bell’album di canzoni marinare per ravvivare il morente mercato discografico? E’ quello che devono aver pensato (probabilmente dopo molte pinte di grog) Johnny Depp e il regista dei Pirati dei Caraibi Gore Verbinski, che già nel 2006 avevano messo insieme Nick Cave, Lou Reed e Bono per il primo volume Rogues Gallery, e ora tornano con il secondo album di vecchie canzoni popolari. Anche in questo caso il cast è di tutto rispetto, visto che si parla di Michael Stipe, Courtney Love, Patti Smith, Iggy Pop e soprattutto della collaborazione da sogno Keith Richards-Tom Waits, ma il tutto mi sembra rimanga più al livello della semplice curiosità che dell’effettivo valore musicale. Comunque se volete fare un regalo ad un amico appassionato di pirati (dai che sicuramente ce l'avete…) qui andate a botta sicura, Arrrr!
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[space height=”10″]Hayden: Us Alone
In ormai vent’anni di carriera il cantautore canadese Hayden Desser ha avuto la sua bella dose di alti e bassi: tra i primi sicuramente l’album d’esordio Everything I Long For, ma anche il più recente Elk-Lake Serenade, tra i bassi invece gli ultimi due dischi usciti senza alcun clamore per la sua Hardwood Records. Ora con questo settimo album è arrivato il momento della verità: il nuovo contratto con la Arts & Craft dei Broken Social Scene lo mette nella condizione di farsi apprezzare anche dagli hipster più superficiali, e tutti speriamo che sia finalmente arrivato il suo momento. Purtroppo però le recensioni fino ad ora sono state tiepide e l’impressione è di un lavoro poco convinto e abbastanza già sentito. Ma credetemi: anche se non sarà il suo miglior disco, Hayden merita sempre un ascolto.