Queens Of The Stone Age – …Like Clockwork (Recensione)

Queens Of The Stone Age – …Like Clockwork (Recensione)

2017-11-08T17:15:49+00:0026 Giugno 2013|


QOTSA_LikeClockwork-Packshot
A sei anni dallo sfortunato Era Vulgaris Josh Homme realizza un disco "ad orologeria", tra riffoni e lente ballate che richiedono tempo per essere apprezzate.

7/10


Uscita: 4 giugno 2013
Matador Records
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Per qualcuno come Josh Homme, nato in California ma con un cognome di origine norvegese e un aspetto quasi vichingo, e nelle cui vene scorre probabilmente un misto di birra e idromele, restare confinato a letto per quattro mesi dopo un ricovero ospedaliero di un paio di settimane può davvero costituire un momento di profonda crisi esistenziale. Tanto più se ricordiamo Homme non solo come frontman storico dei Queens Of The Stone Age, ma anche come lo stesso massiccio individuo abituato a girare il mondo con un furgone guidato per ore in mezzo al deserto sin dai tempi dei Kyuss, o a dare facilmente in escandescenza procurando diversi punti di sutura a chiunque si azzardi a provocarlo (famoso l'episodio che ha visto coinvolto il cantante dei Dwarves, Blag Dahlia).

Eppure nel 2010, causa una serie di complicazioni (tra cui uno stato di asfissia) dovute a un'operazione chirurgica di routine al ginocchio, lo stesso Homme dichiarò a The Guardian di "essersi sentito morto": "Mi sono svegliato e c'era un dottore che ripeteva 'Merda, ti abbiamo perso'. Per quattro mesi non sono riuscito ad alzarmi. Quando ce l'ho fatta, non avevo la più pallida idea di cosa stesse accadendo." Durante questo periodo, Homme ha sofferto di una profonda depressione, mentre gli altri membri della band cercavano di incoraggiarlo a tornare a suonare per cominciare a lavorare sul loro sesto album. "Ho dovuto chiedere loro: 'Se volete fare un album con me proprio adesso, nello stato in cui mi trovo, venite nella nebbia'" – ha spiegato a The Skinny – "E questo ci ha avvicinato tantissimo, perché non conosci mai veramente qualcuno fino a quando non va tutto storto". A seguire, nel 2011, la band è partita per un lungo tour durante il quale ha riproposto il suo primissimo omonimo album, Queens Of The Stone Age, pubblicato nel '98; per Homme, una speranza di tornare ad appassionarsi alla musica dopo un periodo così buio. Ma così non è stato. "Mi ero semplicemente perso, – ha ammesso – nella ricerca di qualcosa nell'oscurità. In quell'oscurità ho poi trovato …Like Clockwork."

Così, "come un meccanismo a orologeria", insieme al cambiamento arriva il tempo della maturità, però "con un perverso senso dell'umorismo", come Homme l'ha definito in un'intervista con Rolling Stone. La sorte – o meglio, Homme – ha voluto infatti che il batterista Joey Castillo lasciasse la band proprio a novembre 2012, nel bel mezzo delle registrazioni, per lasciar spazio alla leggenda Dave Grohl, già nella formazione ai tempi di Songs For The Deaf. La presenza di Grohl sul disco si limita però a un'unica traccia, così come quella dell'ora batterista definitivo Jon Theodore. Ancora più ironica la vicenda del bassista Nick Oliveri, già membro di Kyuss ed espulso dai QOTSA nel 2004. Oliveri, essendo venuto a conoscenza del contributo di Grohl, e ormai riappacificatosi con Homme, l'avrebbe poi contattato per chiedergli di poter tornare a suonare il basso nella band. Alla fine, però, si è dovuto accontentare di un paio di backing vocals.

Anche in questo sesto album permane l'attitudine tipica della band a ospitare diversi collaboratori: oltre alla line-up ufficiale, che comprende ad oggi Homme, Troy Van Leeuwen (seconda chitarra), Dean Fertita (tastiere), Michael Shuman (basso) e Jon Theodore (batteria), troviamo una serie di ospiti importanti. Tra questi, insieme ai già citati Dave Grohl, Joey Castillo e Nick Oliveri, anche Mark Lanegan, Trent Reznor, Jake Shears degli Scissor Sisters, il produttore discografico Charlie May, il dj James Lavelle, il compositore Philip Shepard, Alex Turner degli Arctic Monkeys, e persino Elton John.

Le illustrazioni per la copertina di …Like Clockwork, ispirate a una locandina del 1931 per il film Dracula, sono state realizzate dal giovane artista inglese Boneface, che ha anche prodotto i disegni per i videoclip animati utilizzati come teaser di alcuni pezzi dell'album. Tra questi, anche il video per il brano d'apertura, Keep Your Eyes Peeled, già inquietante nel titolo, che ben riassume le tematiche generali dell'intero LP: la delusione della realtà rispetto al sogno, il tormento e le illusioni dell'esistenza terrena. L'incedere cupo delle chitarre apre quasi una voragine, ma con quel tocco tipicamente QOTSA che comunica orgoglio e fierezza per una vita condotta "al limite", se vogliamo anche con baldanza un po' adolescenziale. E' forse più facile comunicare l'idea del brano – che tende in ogni caso a ripetersi altrove – descrivendone il video: protagonista è un individuo dal volto coperto, che indossa un giubbotto di pelle con su scritto "mangia e fotti", e una maschera che dichiara "troppo tardi". La prima cosa che fa è spaccare la faccia a una specie di mostro-alterego, per poi entrare in un bar chiamato non a caso Prehab. Idealmente si tratta dello stesso Homme, e ne racconta l'esperienza senza neanche troppe metafore: una volta dentro, infatti, il tizio mascherato accende un juke-box a forza di sputi e continua tranquillamente a rompere la testa agli avventori, che si rivelano poi mostri o scheletri, insomma i cosiddetti "demoni interiori". L'autocompiacimento per la violenza gratuita brucia nella fiamma di una sigaretta accesa con gusto, mentre su una porta si legge di sfuggita la frase dantesca "Lasciate ogni speranza voi ch'entrate". E sempre per restare poetici, i testi di Homme recitano: "Se la vita non è altro che sogno, allora svegliatemi". L'impressione generale che si ricava da una siffatta apertura parrebbe non avere molto di nuovo da dire, e si ha la sensazione di aver già sentito (e visto) tutto con la prima track.

I Sat By The Ocean non ha invece una trasposizione animata, volendo forse essere il brano che annuncia l'avvento della consapevolezza, della maturità, dell'introspezione. Il tono tuttavia non è così serioso, e c'è dell'ironia nei passaggi quasi alla Blur così come nell'immaginare un Josh Homme che si siede a riflettere su un amore perduto, mentre concepisce l'idea che in fondo "Siamo navi di passaggio nella notte".

Passato il momento di saggezza, ci si aspetta di tornare a fare i rocker per un po' di sano divertimento, ma così non è. The Vampyre of Time And Memory è un pezzo di rara lentezza, è il tributo al soprannome di Homme "Ginger Elvis" che speravamo di non trovare, è la ballata triste al pianoforte che il buon senso suggerirebbe almeno di inserire alla fine, se proprio bisogna, visto che si cantano cose come "Voglio che Dio mi porti a casa perché sono solo nella folla". Meno male che poco dopo subentra If I Had A Tail, in cui possiamo sentire la voce di Mark Lanegan, i cori di Oliveri, e dei riff gradevolmente rock che fanno proprio venir voglia di guidare un'auto sportiva in fiamme col braccio fuori dal finestrino a tenere il tempo della batteria, quasi come nel relativo videoclip. Sorvolando sugli inserti di dubbio gusto delle tastiere, che si ritagliano persino uno stacchetto nel finale con ulteriori coretti, la successiva My God Is the Sun, dal retrogusto vagamente Muse, si fa ascoltare con piacere; invece Kalopsia, per quanto il concetto dietro al titolo sia interessante (letteralmente, "lo stato d'illusione per cui le cose sembrano più belle di quello che in realtà sono"), e nonostante la presenza di Trent Reznor alla voce, si traduce in un'altra ballata di ulteriore lentezza, salvata solo dai graffi delle chitarre in mezzo a un mare di pathos un po' sopra le righe.

Inconfondibile la presenza di Elton John in Fairweather Friends, sia alla voce che al piano, in un brano di una delicatezza e di una complessità che forse qui giustificano la dichiarazione di Sir Elton relativa alla musica dei QOTSA come "il miglior rock degli ultimi cinque anni". La telefonata che avrebbe fatto a Homme, per convincerlo che avevano bisogno di una vera queen per il nuovo album, fa ovviamente parte dell'ironia del tutto. Smooth Sailing avrebbe avuto bisogno anch'essa del tocco di Elton, ma ci si consola con dei riff alla ZZ Top e un bass groove che ricorda ancora una volta i Muse di Supermassive Black Hole. I Appear Missing porta più distintamente la firma dei QOTSA dei tempi di Go With The Flow, sebbene il risultato complessivo appaia farraginoso e carente dell'antico drive, per sfilacciarsi a un tratto proprio nel mezzo con una specie di loop di batteria quasi accartocciato su sé stesso, e tempi dispari sparsi qua e là senza uno scopo preciso, anche se salvati dalle chitarre epiche sul finale.

Il tutto si chiude con la title-track Like Clockwork, che è -manco a dirlo- una ballata triste al pianoforte. Ma stavolta, bisogna ammetterlo, di rara bellezza. La voce di Homme si rarefa, e riporta ai fasti anni '70 di David Bowie: è tra l'altro il pezzo in cui compaiono gli ospiti meno "popolari", come Charlie May al piano, Lavelle e Shepard per gli arrangiamenti, e finalmente Jon Theodore alla batteria.

Dovendo dare un giudizio complessivo a un lavoro con così tante entusiastiche collaborazioni, frutto di una meditata sofferenza su più piani, personali e non, direi che era lecito aspettarsi qualcosa di molto vicino al capolavoro, considerando anche lo scarso successo del precedente Era Vulgaris. Invece quello che ci ritroviamo è un album che richiede la pazienza di un amico, o di un amante, necessaria per capire un album che funziona veramente "ad orologeria": ci vuole tempo per apprezzarlo, prima che scatti qualcosa e gli ascoltatori si trasformino in coloro che ti capiscono – magari in ritardo – ma ti capiscono. In fondo, l'amore di un vampiro (come quello raffigurato in copertina) è fatto più o meno così: chiede molto, e dà indietro poco. Eventualmente, col tempo, si diventa vampiri a nostra volta.