Tutti i dischi sono in uscita il 24 luglio.
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[space height=”10″]The Antlers: Undersea EP
Con il terzo album Hospice erano stati acclamati da Pitchfork, così come con il seguito Burst Apart. Io non li ho mai ascoltati, e quando ci ho provato mi sembravano alquanto lagnosi e pomposetti. Ma sicuramente questo EP farà felice qualcuno, quindi fate pure…[space height=”10″]
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The Books: A Dot in Time
I Books sono morti, evviva i Books. Senza neanche il tempo di elaborare il lutto ecco che arriva questo mastodontico box di 7 LP con tutta la discografia del duo, e la solita pletora di materiali d’archivio, inediti, B-sides e quello che canticchiava sotto la doccia Nick Zammuto nel 2003. Nonostante dubiti (leggi: sono sicuro) che mai troverò tempo per ascoltare questa raccoltona, i Books sono stati un gran gruppo, e a loro offro volentieri un buon cocktail.
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[space height=”10″]Foals: Tapes
Gruppo inglese osannato ai tempi dell’esordio (quattro anni fa), ma che gira e rigira sono la solita new wave rimasticata per chi ha meno di 25 anni. Poi qui parliamo di un loro mixtape, e quindi l’interesse cala ulteriormente.
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[space height=”10″]The Gaslight Anthem: Handwritten
Da quello che so questi dovrebbero essere dei punk folgorati sul cammino da Bruce Springsteen, e quindi convertiti alle chitarrone da stadio, ai coretti singalong e all’epica working class del Boss. Potrebbero non essere male, visto che i Replacements con una formula simile facevano faville negli anni ’80. Ma trent’anni dopo un gruppo del genere ha ancora senso? Vabbè, per questa volta in puro stile pub del New Jersey offro loro una birra!
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[space height=”10″]GZA: Liquid Swords Deluxe Edition
In modo da farmi odiare anche questa settimana dai fan dell’hip-hop, confesso di non avere mai ascoltato questo disco. E qui siamo davanti alla ristampa di un album del 1995 che, se ho ben capito, dovrebbe essere una specie di pietra miliare, con dietro tutto il Wu-Tang Clan a fare caciara. Che bello avere inventato l’iconcina della birra per queste occasioni…[space height=”10″]
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[space height=”10″]Laetitia Sadier: Silencio
Secondo disco solista della cantante degli Stereolab: il titolo lynchiano promette bene, così come l’etichetta Drag City che lo distribuisce. Poi però penso a quanto erano loffi gli ultimi dischi degli Stereolab, e un disco così (che di per sé avrebbe un martini assicurato) mi scade un pochino. Ma di fronte all’affascinante accento franscese di Laetitia non riesco proprio a resistere…ti posso offrire un drink?
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[space height=”10″]Micachu & The Shapes: Never
Un nome figo per una band che potrebbe essere altrettanto figa, se mai li avessi ascoltati. Micachu a quanto pare si chiama Mica Levi e ha scelto questo moniker in onore di Pikachu. Direi che lo sprezzo per il ridicolo in questo caso vale bene una birra!
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[space height=”10″]Om: Advaitic Songs
Sempre dalla Drag City, un gruppo che dovrebbe suonare stoner/apocalyptic/Armageddon rock. L’unico mio contatto con il genere sono stati i Kyuss negli anni ’90, quindi capirete che tutto il resto mi interessa poco. Però in giro ne dicono un gran bene…
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[space height=”10″]Passion Pit: Gossamer
Dovrebbe essere l’album della consacrazione per la band del Massachusetts: peccato che subito dopo aver incassato le prime recensioni lusinghiere, il cantante Michael Angelakos abbia annunciato di dover cancellare parte del tour perché ha bisogno di “migliorare la sua salute mentale”. Un bel martini, di incoraggiamento.[space height=”10″]
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[space height=”10″]Three Mile Pilot: Maps
Questa band negli anni ’90 spaccava: c’erano dentro membri di Black Heart Procession e Pinback, e mi ricordo che Another Desert, Another Sea era un bel discone. Si sono riuniti un paio di anni fa, e anche se non ho idea se questo sia o no un nuovo album, sono pronto a scommettere che non sarà affatto male.
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[space height=”10″]Syria: Come non detto (Singolo)
Vi ricordate quando Syria aveva cantato un brano sul secondo dei Non Voglio che Clara? Ecco, era l’unico pezzo di quel disco che non mi piaceva. Negli anni successivi ha cercato di allontanare il ricordo di essere partita da Sanremo prima con un disco realizzato con gran parte dell’indie italico, e poi con quell’obbrobrio di singolo dance firmato Ayris. How low can she go? Ecco la risposta: ad esempio potrebbe scrivere il singolo-spottone per una pietosa imitazione italiana di In & Out, che ci dovremo sorbire a settembre.