Dee Dee e compagne tingono sempre piu' di 80s il loro garage-pop: il risultato e' un disco piacevole ma che non riesce a spiccare su altre produzioni simili.6,5/10Uscita: 27 gennaio 2014 Sub Pop Records Compralo su Amazon: Audio CD | Vinile |
A tre anni dal precedente Only in Dreams ritornano le Dum Dum Girls con Too True, che completa la trilogia della dream pop band al femminile per eccellenza. Il lavoro e lo stile sognante delle ragazze dum dum viene perfettamente sintetizzato e sublimato nelle dieci tracce di questo ultimo lavoro, che risulta evidentemente collegato agli altri due, anche se all’ascolto risulta più maturo e dal sound più deciso.
Confermati anche questa volta i due produttori già al lavoro su Only in Dreams e sui precedenti EP He Gets Me High e End of Daze: il veterano Richard Gottehrer e il danese Sune Rose Wagner, conosciuto anche come leader dei Raveonettes. Sotto la loro guida l’album trova terreno fertile tra i riverberi e le distorsioni dello shoegaze e sonorità dream pop più sognanti, intervallate a tratti da dolci incursioni noise-pop e suoni più duri che ci ricordano le origini garage-rock di Dee Dee e compagne. Insomma, usando un gioco di parole, quest’ultimo parto discografico della band californiana sembrerebbe proprio “too good to be true”, come ci suggerisce il titolo della quinta traccia che dà anche il titolo all’album.
L'apertura è affidata a Cult of Love, dove è evidente il rimando agli anni ’80 con tempi della batteria scanditi e potente basso in sottofondo. Con Evil Blooms invece ci immergiamo in un indie-pop dalle sfaccettature quasi psichedeliche, mentre il successivo singolo Rimbaud Eyes è dichiaratamente un salto negli anni ’80, in linea con il video in technicolor diretto dalla musicista e artista visuale Tamaryn e animato da Gooby Herms che abbiamo potuto ammirare qualche mese fa. Le Dum Dum Girls qui citano Le Bateau Ivre del poeta "maledetto" per eccellenza Arthur Rimbaud ("Bathed in your languors, O waves”), tra elementi gotici che danno origine a una sorta di languore presente un po' in tutte le tracce del disco.
Le sonorità travolgenti e il ritmo diretto e incalzante del pezzo ci trascinano alla canzone successiva: la ballata più indie pop del disco, ovvero Are you okay?, il cui lancio come singolo è stato accompagnato da un mini-film diretto dallo scrittore Bret Easton Ellis, un thriller psicologico che ha come protagonista la cantante Dee Dee Penny. Il primo verso della canzone: “The days hit me like some new drug”, ovvero “i giorni mi colpiscono come una nuova droga” si adatta perfettamente alle immagini del clip, nel quale la protagonista, paziente di una psichiatra, è tormentata da visioni e da presenze inquietanti. Saranno reali o solo frutto delle sue ossessioni? Non lo sappiamo, ma verrebbe spontaneo anche a noi chiederle "Are you okay?", mentre canticchiamo lo spensierato ritornello.
Con il terzo singolo Too True to Be Good si ritorna a un dream pop più soft e rarefatto, un'atmosfera onirica e un po’ psichedelica che viene resa nel video dalle silhouette floreali delle ragazze che suonano avvolte nelle nebbia. Successivamente è la volta del primo singolo che ha anticipato l'uscita del disco, Lost Boys & Girls Club, dove l’intro è un tratto distintivo che ricorda vagamente qualche pezzo dei capostipiti del genere shoegaze/dream-pop Cocteau Twins. Infatti come a confermare l'atmosfera sognante e introspettiva le prime parole sono “The voice in my head”, prima che i synth irrompano arricchendo il sound con un brioso tocco noise pop. Il video in questo caso è stato girato in un Eden piuttosto gotico, nel quale i protagonisti sembrano reduci della black celebration dei Depeche Mode, per intenderci. Verso la fine il sound non cede, anzi impenna con Little Minx che non è singolo, ma degno di esserlo. Si prosegue con i piccoli riverberi di Under These Shoes fino alla chiusura, affidata ala ballata eternal-pop Trouble is My Name, e al suo "I had a vision" nel testo. Così l’album, come nebbia rarefatta, pian piano si dirada come un sogno che svanisce in lontananza.
Tirando le somme, il terzo LP della band, altamente studiato nei minimi particolari, sembra in grado di dare il via a una nuova fase stilistico-musicale per il quartetto, anche se restano ben salde le radici nello shoegaze e nel dream pop anni '80, che le contraddistinguono all'interno del panorama musicale americano, una garanzia per i nostalgici del genere. Tuttavia, considerando la proposta musicale delle quattro ragazze americane, ormai giunta alla maturità, è facile riscontrare che comunque non c'è nulla di nuovo sotto il sole, nulla che non si sia già sentito da qualche altra parte. Come spesso capita, la perfetta omogeneità tecnica non sempre equivale all'eccellenza, pertanto l’album nella sua integrità funziona, ma senza lasciare una traccia durevole.