Il quartetto madrileno sforna un debutto che addomestica il garage rock con melodie squisitamente anni '90: niente di rivoluzionario, ma molto molto piacevole!
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Le Hinds sono una rock band tutta al femminile che viene da Madrid: solo un altro tassello che si aggiunge a una scena garage, ma più in generale rock, che sta nascendo nella penisola iberica, facendosi valere anche nella scena musicale mondiale. Sicuramente molti di voi potrebbero già conoscere il quartetto, dato il grande hype che ha anticipato l’uscita del debut album: già dall’anno scorso le Hinds hanno avuto la fortuna di esibirsi in alcuni tra i festival europei più importanti, primo fra tutti il Primavera Sound di Barcellona. Ma per chi non sa di cosa stiamo parlando basti pensare a un garage classico, fatto di chitarra (Ana Perrote), basso (Ade Martin), batteria (Amber Grimbergen) e voce (Carlotta Cosials), un sound che suona anni '90, filtrato però da un approccio chiaramente "al femminile": il risultato sono armonie e melodie che trascinano l’ascolto in tutti i 38 minuti, ma che allo stesso tempo tempo suonano aggressive e propriamente garage.
Il grande punto di forza di questa band sta proprio nel voler far “suonare” la loro femminilità: introducono tratti più sensuali a favore di un garage aggressivo e spinto, esibendo un mix che sorprende e soprattutto piace molto. Non siamo certo di fronte al gruppo più originale degli ultimi anni, ma se si pensa che questo è solo il primo album, tutto fa ben sperare per una maturazione musicale che chi sa dove le porterà.
Già dalle prime battute le Hinds mettono in chiaro il loro genere di musica: il loro LP non suona in maniera confusa, come magari è normale che capiti agli esordi. Le quattro ragazze sanno cosa vogliono e ce lo dicono chiaramente con Garden, prima traccia. Con Fat Calmed Kiddos capiamo subito che non ci troviamo di fronte a un gruppetto qualunque, il loro sound suona già ben costruito: è semplice ma d’impatto, con qualche riff un po' più smielato che fa da sfondo a tutto il disco. Proseguendo l’ascolto la facciata garage della band si evolve in qualcosa di più profondo: una malinconia propria delle nuove generazioni accompagna Easy, durante la quale Ana e Carlotta si alternano alla voce come se stessero dialogando in lingua “grunge”.
Nella loro musica, seppur chiaramente ispirata alla scena underground anni '90, si perde quella rabbia violenta (alla Sonic Youth, per intenderci) per far spazio a una ribellione che non ha pretese di distruggere nulla, ed è quindi puramente fine a se stessa. Nei romantici riff di Solar Gap le Hinds si scoprono, apparendo come ragazze comuni, indaffarate con i problemi di tutti i giorni.
Nonostante si ispirino apertamente al passato, le quattro chicas di Madrid integrano nella loro musica influenze diverse: possiamo percepire in Chili Town o in Banboo l'approccio lo-fi di alcune band anni 2000 (ad esempio Strokes e Deerhunter). Nel finale l’album si stabilizza su toni più bassi e (per certi versi) più tranquilli: quei riff malinconici che prima facevano da sfondo ora sono la guida principale dei pezzi. Si capisce come Carlotta, Ana e le altre si siano aperte sempre di più nel corso dell’album, partendo da un classico grunge aggressivo per arrivare a un suono più profondo e sincero. Il pezzo che conclude il disco è Walking Home, più allegro e musicalmente sbarazzino, con un riff che ricorda il surf rock e le voci delle due cantanti che si intrecciano a volte anche in maniera contrastante ma direi azzeccata: una botta di semplicità e adrenalina che stampa in faccia un gran sorriso.