Nine Inch Nails – Hesitation Marks (Recensione)

Nine Inch Nails – Hesitation Marks (Recensione)

2017-11-08T17:15:48+00:0016 Settembre 2013|


Nine Inch Nails - Hesitation marks standard cd cover
Trent Reznor riporta in scena la sua creatura personale con un elemento che ne cambia i connotati: una maggiore consapevolezza di se'.

7,5/10


Uscita: 3 settembre 2013
Columbia Records
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Qualcosa è cambiato: i Nine Inch Nails sono cambiati. Quindici anni fa Trent Reznor era l’icona oscura dell’industrial, aveva segnato in modo indelebile la musica degli anni '90 e in fama era secondo solo alla sua costola artistica, Marilyn Manson. Depresso, dipendente dalla droga, i suoi live diventavano un destruction-show decadente dove volavano chitarre, i tasti dei sintetizzatori schizzavano come fuochi d'artificio e il chitarrista Robin Finck spesso era quello preso di mira (fatevi un'idea).

Questo è il passato. Ora Trent è sposato, ha due figli, sembra il tipico quarantenne americano che si è appena trasferito nella casa a fianco e ti sta per invitare ad una grigliata in giardino per raccontarti le sue avventure. Hesitation Marks è a priori un album importante nella storia dei Nine Inch Nails, l'addio ad un passato turbolento per abbracciare qualcosa di nuovo: Trent ha deciso di non essere più la caricatura di sè e questo farà sicuramente incazzare molti fan storici che considereranno il disco un aborto dance-pop o grunge scadente, peggio di The Slip. Inutile pretendere dal nuovo Reznor la furia distruttiva di The Downward Spiral o l'instabilità emotiva di The Fragile: Hesitation Marks non è certo spensierato e non parla di fiorellini di campo, ma è un infuso d'autoconsapevolezza da parte di Trent come persona, con i suoi limiti, i suoi pensieri e il suo ventaglio d'emozioni.

Nel segno di un nuovo inizio, si ritorna alle proprie radici ed Hesitation Marks è un album che affonda entrambe le mani nell'esordio dei NIN Pretty Hate Machine: la scrittura delle canzoni riparte dalle tastiere e non più dalle chitarre; i brani sono basati su loop di drum machine, pattern di synth, percussioni di vario genere e semplici linee ambient. Dopo le fasi 'rock' (With Teeth), di dura elettronica (Year Zero), e ambient (Ghosts e le due colonne sonore per The Social Network e The Girl with the Dragon Tattoo), i NIN tornano ad un synth-pop che trasborda nella dance alternative, includendo novità quali l'uso massiccio di cori, falsetti, chitarre pulite (pulite!) e post-punk. In uno sfoggio di maestria che solo l'ex-Mr. Autodistruzione può possedere, l'album è un complesso intreccio sonoro che suona minimal con suoni vintage ed effettistica moderna; è rifinito nei dettagli e contemporaneamente solcato da piccole stonature, parti ruvide e incrinate, mentre le esplosioni di rabbia sono sparite per dar spazio a sfoghi moderati.

Nel menù ci sono gli ottimi risultati che ti aspetteresti dalle fucine Reznor & Co, come Copy of A con il suo basso frenetico e le chitarre slide impazzite, l'aggressività sotto controllo e ballabile di Came Back Haunted e la riflessiva Find My Way. Ma dalla quinta traccia assistiamo ad un inedito cambio di registro: sulla strofa di All Time Low troviamo un giro di chitarra scandalosamente catchy, quasi funk, con un ritornello pop calcato da una grancassa piena. Se questo per voi è già troppo, non passate ad Everything, un garage-rock pronto ad esplodere, ma che si spegne all'improvviso. La seconda strofa è sostenuta da cori pop decisamente "caramellosi" che ci invitano a sventolare in aria le mani, ma che in realtà contengono alcuni dei versi più significativi di tutto l'album:"Wave goodbye / Wish me well / I've become something else…/ It's just the world".

Satellite è elettronica ispirata a Year Zero che dopo Snowden sembra sempre più di stretta attualità, mentre se vi erano piaciuto le chitarre ruvide e i sintetizzatori caldi di With Teeth apprezzerete I Would For You e Various Methods of EscapeIn Two invece è il lato duro degli How to destroy angels_, segnato dai loro sintetizzatori digitali vintage e dall'uso del vocoder: anche se siete intolleranti verso il genere vi consiglio di dargli una possibilità ascoltando l'evoluzione del brano con le sue improvvise svolte. Non tralasciate anche il testo, che descrive ancora una volta il cambiamento intervenuto nella vita di Trent negli ultimi anni: "Leave them behind, you are free. […] Yes, This is going to hurt."

Running, Disappointed e While I'm Still Here sono approcci più sperimentali che non sempre riescono a convincere, nonostante Trent recuperi dalla soffitta il sassofono che suonava da adolescente. Infine in Black Noise riemergono frammenti ambient che ripescano il lato buio tenuto a cuccia per tutto Hesitation Marks: le chitarre ululano nelle tenebre, avvolte da una nebbia cacofonica che copre tutto senza pietà col passare del tempo.

Hesitation Marks non vuole rappresentare il meglio del corpus dei NIN, ma nasce come necessità di un confronto onesto di Reznor con il suo passato. Piuttosto che forzare la propria ispirazione riproponendo il vecchio stile che include chitarre sfigurate e violenza in varie forme (Letting You su The Slip è stata una conseguenza di questo errore), Trent sembra dire: ”Sì, mi piace il sound anni ’90, ma non sono più quello di una volta. Ecco, questo è il mio vero io adesso, che vi piaccia o no. Prendere o lasciare!".

Se non apprezzate il lato più "facile" dei Nine Inch Nails, o se speravate in un nuovo Downward Spiral vi do un consiglio: abbandonate i preconcetti che vi legano al passato. Dopotutto, è proprio ciò che Reznor sembra aver fatto.